Max Pezzali e il successo di Ragazzo inadeguato

Max Pezzali vive un momento d’oro, il suo ultimo singolo “Ragazzo inadeguato” ha festeggiato 500.000 click proprio l’altro giorno. Questa è l’ennesima canzone di successo uscita dal suo ultimo album “Max 20”, che farà anche parte della colonna sonora del film di Paolo Ruffini “Fuga di cervelli“, che uscirà il 21 novembre.

Il cantante di Pavia festeggia vent’anni di carriera e ha deciso di condividere la gioia di questo traguardo con tutti i suoi fans con l’uscita dell’album “Max 20” e del libro “I cowboy non mollano mai”, la sua autobiografia scritta in collaborazione con Alberto Piccinini e Giovanni Robertini. Si tratta di 224 pagine per spiegare, dall’infanzia ai giorni nostri, il percorso di un ragazzo che si è sempre sentito un po’ inadeguato ma che di questa sua condizione ne ha sempre fatto quasi un punto di forza.

Tantissimi i concerti che terrà, le date si sono moltiplicate e tantissime le città che visiterà: da Morbegno a Roma, da Mantova a Rimini, da Conegliano a Napoli, percorrerà tutta l’Italia per cantare i suoi grandi successi come “Gli anni“, “Sei un mito“, “Come mai” e “Nessun rimpianto“.

Dopo aver vissuto un periodo di oblio, nell’ultimo periodo il cantante è stato ampiamente rivalutato. Adesso, che si trova ad essere considerato come un simbolo generazionale degli anni Novanta, Max Pezzali spiega tutto questo successo con una battuta: “Io, nonostante sia sempre uncool, per uno strano allineamento astrale oggi sono cool. Anche un orologio fermo due volte al giorno ha ragione. Quando l’uncool fa tutto il giro, due volte può essere cool. Ma è solo un caso”.

77 VOLTE MAX: i 7 motivi per cui è il più grande cantante dall’Unità d’Italia

Sento che è venuto il momento per me di fare un tributo come si deve al più grande dei grandi, al primus inter pares, al Poeta. Sto parlando del Max nazionale. No, non mi riferisco a Massimo Giletti e nemmeno a Max Tortora. Ma solo a lui, all’unico vero ed inimitabile Max. Quello che ha cantato la nostra vita e in cambio vuole solo 20euroesettanta per l’ultimo cd (occhio Max, chè va bene tutto ma la corda dopo un po’ si spezza). Ho sentito di dover celebrare ‘sto gran pezzo di musica italiana dopo aver letto un bell’articolo sulla semantica di Pezzali e dopo essermi posto la domanda: ma perché Max è il più grande cantante degli ultimi centocinquant’anni?
1.       LA RAGIONE DEL SUO SUCCESSO. No aspetta, non avete capito, mi sono spiegato male. Tra LA e RAGIONE ci deve essere una virgola. La, ragione del suo successo. Lontano dalle pretese canore e stilistiche superflue, ma sempre fedele alla regola che squadra che vince non si cambia, Maximilione ha capito che scrivere tutte le canzoni con la stessa tonalità è la via. E così, da trent’anni a questa parte, sono passati il groppo in gola il cuore che batte i tacchi alti e la gonna corta, ma lei no, la nota accessibile, la nota musicalmente nazionalpopolare è rimasta. Diventando marchio di fabbrica inconfondibile. Se la scelta sia stata legata alla scarsa disponibilità di ottave del cantante o ad una precisa Weltanschauung artistica è un segreto che si porterà Repetto nella tomba.
2.       KARAOKEY. Il secondo motivo si ricollega al primo. Max non è solo Profeta e Poeta. È anche uomo umile e modesto. Per questa ragione si è sempre guardato bene dallo sfoggiare le sue innegabili doti canore (no Max, avere tre cani non vuol dire avere doti canore….). Perché Max quando canta è l’uomo qualunque, anzi è l’uomo chiunque e come tale chiunque può cantare come lui. Vi sfido infatti a partecipare ad un karaoke in un qualunque sabato sera presso un qualunque bar lungo tutta la nostra penisola senza che qualcuno proponga un “Nord sud ovest est” o “Hanno ucciso l’uomo ragno”. Vi sfido. Tra l’altro la vittoria è assicurata, proprio perché non conosco persona al mondo che canti male una canzone di Max e così anche chi è stonato come un’autoambulanza, che durante questi eventi si sente emarginato, può godere di quattro minuti e venti di gloria pura, grazie anche al coro di voci galvanizzate che sempre si solleva durante una sua canzone (grazie Max).
3.       L’ABITO NON FA IL MONACO. Altro motivo di stima assoluta di Max è senza dubbio l’aspetto fisico, che diciamo che rema un po’ contro. Non è, infatti, facile riempire palazzetti e far cantare un popolo intero vestendosi come un magazziniere di una ditta di laminati. Eppure Lui ce l’ha fatta, checché se ne dica. Già da ragazzo il nostro eroe non era esattamente un adone che ti scalda come un termosifone (nonostante all’epoca intasasse alcuni suoi video di astrofighe da maneggio…dai Maxxi, non sei credibile, abbassa un po’ il tiro). Poi il tempo è passato. Come una mototrebbiatrice. E a ben vedere ha fatto anche retromarcia diverse volte. Nonostante sia senza capelli, abbia delle occhiaie da violenza domestica e si sia inspessito come un piumino invernale, ha avuto comunque il coraggio di presentarsi a Sanremo e di organizzare un tour lungo un sogno. Max è l’uomo che non ha paura di invecchiare e di mostrarsi così com’è (sì Max, ma se continui così la paura poi ce l’hanno gli altri).
4.       SE SOLO AVESSI LE PAROLE. E Max ce le ha. Cazzo se ce le ha. Sempre giuste. Sempre esatte. Lui conosce la vita e te la racconta. Ti insegna la tua esistenza. E canta ciò che ti è capitato o ti capiterà. È un po’ come gli oroscopi di Paolo Fox. E tu quando lo ascolti non puoi fare a meno di dire “Porca vacca è proprio vero..è proprio così..sto cazzo di Peugeot in salita fa una fatica da porco che mi tocca scendere e spingerlo io da dietro, che poi mi costa un totale di RCAuto..la prossima settimana mi faccio l’abbonamento ai mezzi”.
5.       MAXKETING. Max è l’unico artista che ha capito la forza coagulante delle canzoni brutte. Scientemente ha deciso, da un po’ di tempo a questa parte, di fare canzoni oggettivamente imbarazzanti (Maxi tuttoaposto??). Ovviamente questa non è altro che una mossa di marketing brillante. Infatti tutti i fans, non appena hanno sentito ‘ste vaccate allucinanti hanno gridato tutto il loro dolore come fanno i gabbiani quando vanno a morire e si sono rifugiati nelle vecchie canzoni, unico lenitivo alle ferite musicali inferte dal loro idolo. Ma si sa, Max ha costruito tutta la sua carriera sull’adagio “si stava meglio quando si stava peggio” e il suo sostenitore medio è intrinsecamente convinto di questa verità. Max non fa altro che rafforzare in loro tale convinzione, che il passato è sempre migliore del presente, che tutto passa e tutto se ne va e che, in definitiva, “si stava meglio quando si stava Max”.
6.       MAXIMA COERENZA. Parliamoci chiaro. Pur essendo il cantante della Verità, Maximilione non ha mai avuto dei gran contenuti: amici, birra, motori, patata, due di picche, abbandono, patata, inadeguatezza, amore, nostalgia e patata (o nostalgia della patata, vedete voi). E questa scelta l’ha portata avanti sempre. Non è di quei cantanti che si svegliano una mattina e decidono di impegnarsi. Di darsi un tono perché alla fine se sulla carta d’identità mi faccio aggiungere che sono anche intellettuale entro gratis al cinema il martedì e il giovedì. Voglio dire, uno può uscire da Amici e poi avere la pretesa di cantare di bolle speculative sui titoli immobiliari, disoccupazione strutturale e del Mistero dell’Immacolata Concezione? Bah. Max invece no, non è sceso a compromessi. A costo di scrivere delle banalità disarmanti, non tradisce mai. Piuttosto scade nel bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. E sono convinto che va ancora a ballare al pomeriggio e che il sabato pome gira ancora per Pavia a fare le penne, anche se il medico gliel’ha sconsigliato per via dell’ernia.

7.       PETER MAX. Max Pezzali come Peter Pan. Tutti quelli che non vogliono crescere, che giocheranno a calcetto tutta la vita, che organizzeranno le cene di classe anche superati i cinquanta, che rimpiangeranno i Pokemon e il Gameboy color trasparente (o nell’improponibile versione viola), che rimpiangeranno la terza liceo, che si racconteranno per la trecentonovantesima volta degli scherzi fatti in gita di classe, che rimpiangeranno l’estate caldissima come condizione permanente dell’anima, che si lasceranno tentare dal rifarsi il codino, dal rimettersi l’orecchino, dal risentire una ex, dal riesumare il lettore cd portatile, dalle AirMAX (è un caso??????io credo di no), dalla cintura con la fibbia modello cintura di sicurezza dell’aereo e dal Bacardi al limè non potranno che amare Max per tutta la vita, perché, lui l’aveva già capito, eravamo felici ma non lo sapevamo.

Max Pezzali: pesavo 106 kili

Rivalutato soprattutto negli ultimi anni, Max Pezzali si sta sempre più affermando come simbolo generazionale che ha dato voce agli anni Novanta. Sempre più spesso citato e ripreso con cover, ri-arrangiamenti e veri e propri omaggi – basti vedere l’ultimo singolo di Jake La Furia – l’ex 883 ha deciso di raccontare la sua storia attraverso un’intima autobiografia in vendita a partire dal 10 ottobre.

Una storia che ritrae uno spaccato di vita tutt’altro che “cool”, che vede un ragazzo di provincia alle prese con matrimoni e funerali – in quanto figlio di un fioraio – e poi ancora soldatini e simili…

Poi l’adolescenza, i primi problemi e il rapporto con il cibo. Grande spazio è, infatti, dedicato proprio al peso e a come l’artista abbia combattuto i disturbi alimentari.

GUARDA MAX PEZZALI SU MAURO REPETTO: NESSUNA DIGNITA’!

All’interno dell’autobiografia, Max confessa di aver raggiunto addirittura i 106 kili e di essere arrivato a perderne 23 in 5 mesi.

Un altalenare di peso, unito a quello delle emozioni, espresse attraverso i brani più rappresentativi del cantante.

“I Cowboy non mollano mai – La mia storia”, questo il titolo, diventa così un libro/romanzo che ripercorre il viaggio dei ricordi di un artista italiano e la sua vita, affresco sociale di una generazione.

Max Pezzali: “Mauro Repetto? Il suo motto era: “Nessuna dignità”, senza di lui non ce l’avrei fatta”

Max Pezzali a ruota libera su Mauro Repetto e le sue vicissitudini nei bagni degli aeroporti francesi…

Alzi la mano chi di voi non si è mai chiesto cosa facesse nella vita il biondino degli 883, oltre a qualche singolare balletto intorno a Max Pezzali durante i live della band italiana più in voga negli anni Novanta. Ebbene, stasera ci ha pensato proprio Max a far luce sulla questione, fidatevi, gliene sarete grati. Intervistato da Linus nel corso della prima puntata de Il Grande Cocomero, il sedicente Ragazzo Inadeguato, ha raccontato molto di sé e della sua carriera. Carriera che, dice, non sarebbe mai decollata senza l’aiuto di Mauro Repetto. Sì, il famigerato biondino.

La chiacchierata col direttore di Radio Deejay è stata ricca di spunti interessanti. Pezzali ha raccontato del suo ormai mitologico rapporto con la sfiga e con quel senso di inadeguatezza sbandierato a ogni piè sospinto in tutta la sua discografia. Il motivo di tali paranoie, dice, nasce proprio dal fatto di aver scelto di far vibrare armonicamente le proprie corde vocali per professione:

Credo che il cantante sia una specie di individuo borderline. Credo sia per questo che Ligabue definisce la categoria “O troppo accesi o troppo spenti”: da un lato c’è l’adrenalina del palco, dall’altro c’è la casa in cui magari ti prende la frustrazione perché non riesci a scrivere una canzone come vorresti.

Beh, frustrazione o no, c’è da dire che ogni suo brano sia diventato come minimo un successo se non un vero e proprio inno generazionale. Max però non ne sembra del tutto convinto e già che c’è racconta anche di come le groupie non facessero esattamente follie per stare con lui nel corso degli anni Novanta:

Io credo di essere sempre stato come uno di quei parenti che è un parente, sì, però è meglio farlo sedere lontano ai pranzi di famiglia. Tutto sommato molte persone mi ascoltavano ma probabilmente vergognandosene. Ora però sono arrivati i tempi dello sdoganamento di tutto, quindi si sdogana anche Max Pezzali. Ho avuto anche la sfiga di raggiungere l’apice del mio successo nel periodo in cui erano più quotati i deejay, quindi non ho mai avuto modo di conoscere moltissime groupie, anzi. Oggi i rapper sono i più quotati da questo punto di vista, ad esempio. Ma io con gli 883 cosa volevo fare? Credo fossimo la cosa meno arrapante del mondo!

Arrapanti o no, gli 883 hanno sbancato negli anni Novanta e Max non pensa minimamente che questo successo sia stato merito suo, anzi. Il nostro si dice certo che sarebbe ancora “in un angolo a scrivere canzoni da solo” se non avesse conosciuto il prode compare Mauro Repetto. Ecco come ricostruisce tutta la faccenda:

Senza Mauro non sarei mai diventato Max: era la parte spregiudicata dei due, io ero timido e non avrei mai avuto il coraggio di portare una cassetta a chi di dovere per farmi conoscere. Io ascoltavo solo musica punk che poi era la musica degli sfigati. Lui aveva un motto: “Dignità zero!”.

Linus a questo punto si dice dispiaciuto del fatto che la domanda più frequente su Repetto sia tuttora: “Ma che caz*o faceva il biondo degli 883?” e così invita Pezzali ad approfondire la descrizione del suo compagno di avventure musicali e, soprattutto, a spiegarci la ragione di quei terribili balletti:

Lui era il motore del gruppo. Solo che ad un certo punto si è messo a ballare: la prima volta che accadde io avrei voluto avere un malore in diretta tv piuttosto di stare su quel palco. Pensavo: “Ma cosa caz*o gli è venuto in mente?”. Però poi mi sono abituato. Ora comunque siamo rimasti in contatto, ci siamo sentiti giusto ieri, guarda.

E se purtroppo non sapremo mai cosa si siano detti durante l’utlima chattata su Whatsapp, Max non ci risparmia un succoso aneddoto esemplificativo della personalità del soggetto in questione:

Io e Mauro dovevamo trovarci a Milano per fare delle foto per un magazine. Lui ha sempre dietro il suo pc con cui scrive opere teatrali meravigliose. Arriviamo sul set e ci danno i vestiti da indossare per il servizio. Lui mi fa: “Devo cambiarmi in un’altra stanza perché non ho le mutande”. Perché? Perché in aeroporto a Parigi, dove vive attualmente, doveva andare in bagno dopo colazione. Ci va ma si dimentica di chiudere la porta a chiave e tiene il pc sulle ginocchia. Quando uno cerca di entrare, lui si alza istintivamente ma si rende conto che il computer stava per cadere…cerca di salvare il salvabile ma a quel punto le mutande fanno da “rete di protezione” tanto da rendersi “inservibili” all’uso, ecco. Me l’ha raccontato come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Non lo so, ma io su una vicenda del genere avrei voluto che Max trovasse l’ispirazione per il testo di una canzone. Eh, “Se solo avessi le parole…lo scriverei!”

L’autobiografia di Max Pezzali: “Io ‘sdoganato’ dagli intellettuali pur restando me stesso. So di non essere un fenomeno, ma sono sempre stato onesto”

AFFARITALIANI.IT HA INCONTRATO IL CANTANTE/ In occasione dell’uscita della sua autobiografia (“I Cowboy non mollano mai – La mia storia”, in libreria per Isbn edizioni), abbiamo intervistato Max Pezzali, reduce dal successo dell’album “Max 20”. Il cantante non se la prende se gli facciamo notare che molti fan lo preferivano ai tempi degli 883: “Può anche essere vero che una certa parte di me sia più rappresentata dai brani di quel periodo. Ciò che conta è l’onestà, che per un cantante consiste nel raccontare quello che si è, e non ciò che è opportuno in quel momento”. Come nel caso di Jovanotti, anche in quello di Pezzali con il tempo è cambiato l’atteggiamento nei suoi confronti da parte della critica più impegnata. Ma cosa pensa l’ex 883 dello “sdoganamento” da parte degli intellettuali? “Forse sono un orologio fermo, che due volte al giorno può anche avere ragione… So bene che negli album degli 883 e nel mio percorso artistico da solista non ci sono né capolavori, ma neppure schifezze. Tutto quello che ho fatto è una conseguenza delle esperienze che ho vissuto, ed è un po’ questo il senso dell’autobiografia”. Ma perché invece di pubblicarla con una “major dell’editoria” ha optato per un marchio indipendente? “Senza Isbn questo libro non avrebbe visto la luce. Pubblicarlo con una grande casa editrice mi avrebbe costretto ad accettare dei compromessi e ad enfatizzare certi aspetti”

Max Pezzali è un artista fortunato, e non solo perché ormai da mesi il suo ultimo album, “Max 20″, resiste nei piani altissimi delle classifiche di vendita, ma perché ha dei fan entusiasti, oltre che in gran parte giovanissimi. Pur di ottenere un posto a sedere a pochi passi dal loro cantante preferito, arrivano alla prima presentazione della sua autobiografia  (“I Cowboy non mollano mai – La mia storia”, in uscita per Isbn edizioni) con oltre due ore di anticipo rispetto all’ora d’inizio prevista (“Grazie Max, le tue canzoni mi fanno compagnia da sempre”, gli dice una di loro con un sorriso, ricambiato, di sincera gratitudine). E al termine di un incontro in cui Pezzali mostra doti da simpatico intrattenitore  (andato in scena ieri, mercoledì 9 novembre, in un’affollatissima Libreria Feltrinelli di piazza Piemonte, a Milano), si mettono ordinatamente in fila e per circa un’ora e mezza aspettano con pazienza il proprio turno in attesa dell’autografo (con relativa foto-ricordo) del co-fondatore degli 883, che si definisce “un progressista dentro”, pur con la consapevolezza che la pubblicazione di un’autobografia rappresenti (anche) un cedimento alla “nostalgia”. Prima della presentazione meneghina, Affaritaliani.it ha incontrato un Pezzali visibilmente dimagrito (come ha raccontato a Vanity Fair, il cantante ha perso 23 chili in 5 mesi, dopo essere arrivato a pesarne fino a 106).

SCRIVERE CANZONI AL TEMPO DI FACEBOOK –  Ci interessa capire se per un cantore dell’amore (“Ti sento vivere”, “Sei fantastica”, “Nessun rimpianto”…) e dell’amicizia (“Cumuli”, “Gli anni”…) come lui, al tempo dei social network sia più difficile raccontare certe emozioni. “In effetti nell’era del web forse la nota dolente è rappresentata proprio dalle relazioni interpersonali, messe in difficoltà dall’eccessiva pervasività di Facebook, che inizio a temere duri da un po’ troppi anni ormai…”.

QUELLA PARTE DEI FAN CHE PREFERISCE IL MAX DEGLI ESORDI… – Il cantante non se la prende se gli facciamo notare che molti fan lo preferivano ai tempi degli 883: “E’ legittimo da parte loro pensarlo. Ma ognuno di noi è la somma di vari fattori. Ciò che conta è l’onestà, che per un cantante consiste nel raccontare quello che si è, e non ciò che è opportuno in quel momento. In ogni caso, può anche essere vero che una certa parte di me sia più rappresentata dai brani di quel periodo. Allo stesso tempo, è anche vero che poi si cambia, e con il tempo evolve anche il modo di scrivere canzoni”.

LO “SDOGANAMENTO” – Come Pezzali ricorda ne “I Cowboy non mollano mai – La mia storia”, gli 883 erano accusati di essere “deleteri per i giovani, perché portatori di un mondo senza valori”. Ma un po’ com’è accaduto a Jovanotti, negli ultimi anni l’atteggiamento nei confronti suoi e delle sue canzoni è notevolmente cambiato. In sostanza il cantante di Pavia è  stato “sdoganato” anche dalla critica più intrasigente, e molti “intellettuali” oggi lo considerano un cantore generazionale… Come se lo spiega? “Mi piace usare un’immagine: quella dell’orologio fermo. Probabilmente io sono un orologio fermo che due volte al giorno può anche avere ragione. So bene che negli album degli 883 e nel mio percorso artistico da solista non ci sono né dei capolavori, ma neppure delle schifezze. Tutto quello che ho fatto è una conseguenza delle esperienze che ho vissuto, ed è un po’ questo il senso dell’autobiografia. E’ normale che con il tempo si perda l’approccio ideologico nei confronti di certe canzoni, e penso sia questo il caso degli 883 e del cambiamento dell’atteggiamento da parte di una certa critica nei miei confronti. Nel libro cerco di raccontare come si possa ottenere successo pur non essendo fenomeni. L’importante è restare se stessi, e avere qualcosa da dire”.

LA COMPETENZA MUSICALE – Oltre allo “sdoganamento” degli intellettuali, tra l’altro, circa un anno fa è arrivato anche quello dei nostri musicisti indipendenti. Ci riferiamo  alla compilation “Con due deca”, promossa dal  portale specializzato Rockit, in cui i nuovi cantautori e gruppi rock (tra cui I Cani, Colapesce, Egokid e Dimartino) hanno proposto cover (non sempre riuscite, a dir la verità) dei classici degli 883. A proposito di rock indipendente, durante l’incontro con il cantante si parla moltissimo di generi musicali e scene, e Pezzali dimostra grande competenza in materia. Cita il punk, la new wave, l’elettronica (con relativi sottogeneri), e dice la sua anche sull’ascesa dei rapper italiani, capaci da mesi di dominare le classifiche: “In passato il rap era molto più politicizzato, oggi è  diventato il nuovo pop”.

LA SCELTA DELL’EDITORE – Ci rimane un’ultima curiosità: perché  invece di pubblicare la sua prima autobiografia con una “major dell’editoria”, Pezzali ha preferito una casa editrice indipendente come Isbn? “Questo libro è nato parlandone con loro, e senza Isbn non avrebbe visto la luce. Pubblicarlo con una grande casa editrice mi avrebbe costretto ad accettare dei compromessi e ad enfatizzare certi aspetti, invece in questo modo ho potuto raccontare con la massima libertà la storia che avevo in mente, senza nascondere limiti e inconsapevoli grandezze”. Poi l’incontro finisce, a salurarlo arriva il produttore-scopritore-amico Claudio Cecchetto, e subito dopo Pezzali va a godersi l’applauso dei fan che ormai da un paio d’ore aspettavano la loro anti-popstar preferita.

Max20

Max Pezzali andrà al Festival di Sanremo? Tutta la verità in un video

E’ in libreria da qualche giorno il nuovo libro di Max Pezzali dal titolo “I cowboy non mollano mai”. Un romanzo e allo stesso tempo un’autobiografia corredata da numerosi scatti inediti direttamente dagli album privati di Max Pezzali.

Per Max è stato ufficialmente dato il via alla raffica di interviste e noi vogliamo riproporvi quella rilasciata al Messaggero. Pezzali parte spiegando come mai con “soli” 20 anni di carriera alle spalle ha ritenuto giusto pubblicare un’autobiografia adesso. La motivazione sta nel fatto che ai tempi attuali ogni anno vale come quello dei cani: almeno 7, causa la tecnologia in primis.
Raccontare la sua epoca, che definisce “pre-tecnologica” è come “raccontare un’epoca fa”.

Poi scopriamo il senso del libro: è un semplice “tirare le somme” oppure è più un “punto e a capo”? Max risponde che si tratta di un “punto e virgola”, solo un bilancio degli anni trascorsi e un “tirare le somme” sui suoi primi 20 anni in musica.

L’intervista prosegue alla scoperta delle tracce della raccolta “Max 20″ e degli inediti inclusi. Il cantante spiega il significato del nuovo singolo “Ragazzo Inadeguato” e poi rivolge uno sguardo al passato e all’epoca di Claudio Cecchetto che gli ha insegnato a costruire un rapporto con il pubblico.

Nell’epoca delle reunion è lecito chiedere se è prevista una nuova unione degli 883. Max Pezzali non si sbilancia ma spiega che Repetto al momento vive a Parigi e ha una vita molto diversa da quella del musicista ma è pur vero che si sono già trovati a collaborare nel precedente album quindi chissà…

In conclusione arriva il tasto dolente: il chiacchieratissimo Festival di Sanremo. Max Pezzali è ultimamente tra gli artisti più richiesti dai fan nell’edizione del 2014, ma lui cosa ne pensa?
“Il Festival è una manifestazione che va oltre la normale manifestazione musicale”, dice, poi spiegando il senso della sua affermazione.

“Diventa una sorta di bolla nello spazio-tempo in cui devi tagliare completamente i tuoi legami con il mondo esterno e proiettarti all’interno di quella realtà come se esistesse solo quello”, continua.

Confessa poi di aver sempre avuto difficoltà a “pensare a un luogo come l’unico luogo possibile quindi lo vivo sempre con un’ansia incredibile perchè sembra che esista solo quello.

E conclude con una grande e pericolosa verità: “Ti intervistano tutti e non capisci perchè ci sia tutta quell’attenzione nei tuoi confronti che poi dal lunedì dopo scema completamente e non esisti più”.
Il suo rapporto con il Festival lo definisce “schizzofrenico”: gli piace seguirlo da spettatore ma per ora non è nei suoi piani.

Max Pezzali – autobiografia in arrivo: pesava 106 kg e altre curiosità

Uscito nei negozi con un greatest hits celebrativo, e scoperto da poco il mondo della televisione, Max Pezzali sbarca ora in libreria con la sua autobiografia – romanzo, chiamato ad incrociare la sua storia personale, i suoi successi e le tante avventure vissute in 20 anni di attivistà discografica.

Max Pezzali: «Gli 883 erano considerati “vuoti”»

I Cowboy Non Mollano Mai il titolo, in vendita a partire da oggi per Isbn Edizioni con più e più illustrazioni chiamate a mostrarci l’inedito Pezzali, fino ad oggi mai visto e poco conosciuto. Tutto ha inizio con un Max giovanissimo, alle prese con i matrimonio e i funerali grazie al padre fioraio. Un ragazzo tutt’altro che cool, fissato con modellini e soldatini e in perenne crisi di peso. E’ un continuo su e giù, con il tetto massimo dei 106 kg e un crollo di ben 23 kg in 5 mesi, avvenuto di recente, ma non perché ‘malato’, come sostenuto da molti, bensì solo e soltanto perché attento al mangiare, forse per la prima volta nella vita.

Come non parlare poi di Mauro Repetto, ovvero il compagno ‘ballerino’ degli 883 e dei mitici anni 90 che portarono la band al boom, fino alla sua passione per le Harley, l’esperienza vissuta alla Croce Rossa e le donne più importanti della sua vita, ex moglie da poco lasciata compresa. Insomma, vita, morte e miracoli di Max Pezzali. In libreria

Milano, Max Pezzali fa il pieno di fan con i suoi cowboy

Max Pezzali fa il pieno di fan anche in versione scrittore, a Milano, come dimostrano queste foto scattate alla Feltrinelli in piazza Piemonte per la presentazione della sua autobiografia I cowboy non mollano mai. Dopo il tutto esaurito del Max Pezzali Tour, che ha costretto gli organizzatori ad aggiungere una nuova data in città nel febbraio 2014, Pezzali ha raccontato la sua infanzia e il boom degli 883

I cowboy non mollano mai, intervista a Max Pezzali

Dal 10 ottobre, per ISBN l’autobiografia dell’ex 883: intervista e cinque cose divertenti dal libro

Max Pezzali è una bestia strana. Equidistante da pop e dal rock, esattamente in mezzo. I puristi lo definiscono icona pop, ma la sua uncoolness lo manda alla deriva tra i nomi più influenti del pop italiano degli ultimi trent’anni. A leggere la sua autobiografia si ha la sensazione di infilarsi in una vita talmente “normale” da risultare straordinaria. Gli occhiali che hanno segnato tutta l’infanzia e il mondo nuovo visto attraverso le lenti a contatto, la prima demo registrata a Torino senza alcuna aspettativa, le prime apparizioni radiofoniche e la prima volta in TV. L’amicizia con Mauro Repetto, i cambi di suono, di carattere, di punto di vista che hanno col tempo invertito le parti e forgiato una delle personalità più influenti della musica italiana, dagli albori del rap alla consacrazione come icona pop. L’America del mito, e soprattutto, le moto.ISBN mette sul piatto un documento piuttosto straordinario, o quantomeno insapettato. La scrittura di Pezzali scorre limpida e spontanea, attraverso l’infinito canyon dell’insuccesso destinato a diventare un successo enorme, che non ha bisogno di presentazioni, costruito attorno a una persona di una sincerità unica. È stato un nerd, un grasso, un magro, un eterno fidanzato, un marito, sempre un nostalgico (per gli altri). Una bestia strana, che è così come la vediamo, niente di più, niente di meno.
Max Pezzali in Valcamonica negli anni ’80L’INTERVISTAQuesto è un libro nostalgico, se devo pensare a te e alla nostalgia penso a Gli anni. Se dovessi riscriverla oggi, cosa cambierebbe?
Probabilmente aggiungerei un riferimento al mondo senza la rete. È stato il più grande cambiamento a cui abbiamo assistito. Il mondo senza la rete era un modo completamente diverso, ed è anche quello raccontato ne I cowboy non mollano mai. Un mondo in cui se avevi degli interreressi, dovevi imparare a coltivarli andando a cercare informazioni e riferimenti solidi, tangibili. Dovevi essere un vero appassionato.
Gli anni oggi parlerebbe degli anni prima dei social network e prima della comunicazione estesa e globale. Gli anni prima dell’interconnessione wired e unwired. Quello è stato il discrimine fondamentale della mia generazione.

Ti senti nostalgico di quegli anni, prima della rete?
Sono tendenzialmente un progressista. Credo che nell’evoluzione ci siano sempre una risposta e un cambiamento. Un po’ di nostalgia c’è, ma più che altro dovuta all’età.
Mi rendo conto che il bisogno di coltivare le proprie passioni oggi è più facile. Proprio perché l’interconnessione ha permesso a tutti di trovare persone con cui condividere gli interessi. All’epoca dovevi creare delle piccole tribù, adattandoti anche a comunicare con persone molto diverse da te.
Oggi puoi permetterti di essere una nicchia. Un tempo, in una città piccola non potevi farlo. Dovevi imparare a interfacciarti, se non con il tuo opposto, almeno con qualcuno di abbastanza vicino a te da dar vita a una massa critica.

Sei progressista anche nei sentimenti? L’amore e l’amicizia raccontati adesso sono meglio di quelli degli anni Novanta?
Le relazioni interpersonali sono un po’ il punto più dolente dei nostri tempi. Credo che la centralizzazione dei social network nei rapporti umani sia un po’ un eccesso. Ma nei momenti di cambiamento c’è sempre l’eccesso e poi tutto rientra. Certo, Facebook è pervasivo da un po’ troppi anni…

Do it yourself, l’autoproduzione: cosa significa per te?
Credo che essenzialmente quella sia la chiave di tutto. Dal punk al rap, fino all’allora nascente scena della house music, l’idea era che tutti potessero fare musica in maniera spontanea e naturale. Quel mondo lì è poi quello che ha cambiato per sempre la musica.
Tutto quello che ho fatto è sempre stato fatto in un’ottica autoprodotta. Ho sempre fatto provini in casa da solo con le mie macchine, ho cercato di costruire un risultato il più possibile vicino a un prodotto professionale partendo da quello che avevo.

LEGGI ANCHE: Elogio di Max Pezzali e della poetica degli 883

Max Pezzali è amato da diverse generazioni di fan, alcuni preferivano quello degli esordi, altri quello post-883. Cosa è cambiato?
Ognuno di noi è la somma di vari fattori, non siamo una sola cosa. È naturale che in determinati periodi possano prevalere alcuni tratti di un artista e che questi vengano direttamente influenzati da quello che capita attorno a lui. Una certa parte di me è rappresentata dal Max dei primi tempi, dei primi 883. Quello che conta è essere sempre onesti rispetto alla propria carriera, che si racconti quello che si è e non soltanto ciò che è opportuno.

Perché hai scelto ISBN e non un grande editore, come magari ci si sarebbe aspettati? 
Senza ISBN non avrei mai fatto questo libro. Un grande editore probabilmente non mi avrebbe permesso di raccontare questa storia nel modo in cui l’ho fatto. Avrei dovuto accettare dei compromessi.

Sei stato etichettato più volte come uomo di destra, poi di sinistra, poi come apolitico. Nel libro affronti per la prima volta il tema apertamente.
Ho raccontato un tempo di grande cambiamento, quello della mia adolescenza. Te ne accorgevi dalle scuole: non esistevano più i gruppi di sinistra estrema, ma neanche il Fronte della Gioventù, c’era un enorme pentapartito democristiano. Si cominciava a diffondere una sorta di delusione nei confronti delle ideologie, un distacco dei giovani dai gruppi politici definiti. Inoltre Pavia era una città piccola e piccolo borghese, in cui vigeva una certa commistione tra i gruppi ed era difficile identificare il nemico così come era difficile individuare un riferimento oggettivo e affidabile. Eravamo la prima generazione a sviluppare un rifiuto per la politica e per le istituzioni, avremmo aperto la strada a quelli che sarebbero stati gli anni Novanta.

Max Pezzali e Mauro Repetto all’Aquafan

CINQUE PASSAGGI DIVERTENTI DA I COWBOY NON MOLLANO MAI

1. A una ventina di minuti dall’inizio del concerto il bassista, per fare quello molto punk, inizia a stagliuzzarsi con una lametta. Ma qualcosa va storto: comincia a perdere molto sangue e ha degli svenimenti. Alla fine si siede, resta fermo per tutto il concerto e arriva la Volkswagen color panna della Croce Verde pavese per portarlo via.

2. Improvvisamente, nell’84 i miei genitori si trovavano di fronte al fatto che loro figlio era diventato un coglione.

3. «Qui è Radio Deejay, volevamo dirvi che oggi alle 14.30 va in onda il vostro pezzo». E noi: «Minchia!»

4. La cosa assurda di Grazie Mille, però, è che a un certo punto è stata citata durante un’omelia nel Duomo dell’allora arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi. Lì per lì sono rimasto un po’ angosciato da questa cosa. L’arcivescovo di Milano? Temevo che le mie intenzioni fossero state, come dire, leggermente sopravvalutate.

5. [Hilo, il figlio di Max, parlando con i suoi amici di scuola] «Questo è Maxpezzali, se volete ve lo presento», con quella sua zeppola. Cioè, io sono tuo padre, come sarebbe Maxpezzali, cosa saresti tu, il mio manager?