Max Pezzali, riparte il tour dei record: «Ma ho ancora paura di salire sul palco»

Dopo il grande successo dell’autunno passato, l’8 febbraio ricomincia il tour di Max Pezzali. Proprio in occasione della tranche 2014 del Max 20 Live Tour, abbiamo incontrato il cantautore pavese. Partendo dalla tournée siamo finiti a parlare di cowboy e Indiani d’America.  (Intervista tratta dal numero di febbraio di Onstage Magazine)

Max Pezzali in tour 2014

Che Max Pezzali, da qualche anno a questa parte, fosse ormai entrato a pieno titolo nel gotha della musica italiana, quello dei campioni di vendite, per intenderci, se ne erano ormai accorti in molti. Quello che forse era sfuggito a quelli che si ostinavano a sottovalutarne l’impatto culturale sulla nostra società, era forse il fatto che il buon Max non si fosse limitato a parlare di banchi di scuola e flirt finiti male. L’incredibile successo della prima tranche del Max 20 Live Tour, infatti, non può essere spiegato solo con la popolarità di alcuni motivetti orecchiabili o con la simpatia che da sempre Pezzali suscita nella gente. «A dire il vero, ancora oggi non riesco a spiegarmi il successo ottenuto in questi vent’anni. Non sono mai stato un grande cantante e non si può nemmeno dire che sia un sex simbol – puntualizza Max –  e fidati, non lo dico per sentirmi dire il contrario, ma perché tutto sommato molte cose restano ancora inspiegabili per me». Forse anche per questo, dopo gli ottimi risultati della raccolta che ne celebrava i primi 20 anni di carriera, quando lui e il suo entourage si misero a pianificare alcune date promozionali, il timore di inflazionarsi era qualcosa di più grande rispetto alla gioia per le vendite eccezionali. «Il disco stava andando benissimo e l’idea di poterlo portare in tour mi elettrizzava come poche volte nella mia carriera. Tuttavia, avevamo paura di fare il passo più lungo della gamba e insieme a Live Nation abbiamo deciso di partire con una manciata di date, giusto per vedere la reazione della gente».

SGUARDO BASSO
Col senno di poi, quella manciata di date si sarebbe trasformata nel suo più grande trionfo e in uno dei tour di maggiore successo dell’anno scorso. Con tanto di nuove date a febbraio 2014. «Dopo i primi sold out abbiamo iniziato a capire che c’era qualcosa di diverso nell’aria, come se la gente fosse lì ad aspettare solo noi. Questo ci ha permesso di aggiungere altre date, ma soprattutto di potenziare la scenografia, visto che le spese ormai erano totalmente coperte». Eppure, se anche i nuovi concerti continuano a collezionare “tutto esaurito”, Max non perde la caratteristica paura che lo attanaglia ogni volta in cui si appresta a salire su un palco. «Forse è una fortuna che non abbia ancora perso quel terrore, perché significa che non mi sono ancora abituato all’impatto col pubblico. Se ci fai caso, sono l’opposto dell’animale da palcoscenico: sguardo basso e parole impacciate. Non riesco a essere qualcun altro e non invidio chi riesce a indossare una maschera sul palco, perché il rischio è quello di sfociare in deliri di onnipotenza alla The Wall». Sì perché Max alle grandi folle è abituato da tempo, ma forse la volta in cui si rese conto davvero dell’amore del suo pubblico fu in Piazza Duomo, a Milano, nel luglio del 1998: «Lì sì che avrei potuto perdere la testa come racconta Roger Waters, ma il mio stato emotivo era così differente, che si rivelò la migliore delle cure. Io e Mauro ci eravamo appena separati e il mondo per un attimo era sembrato crollarmi addosso: non avevo più certezze e quel bagno di folla fu il mio salvagente psichico».

SUL COMODINO DEGLI ADOLESCENTI
D’altra parte, l’unico obiettivo dichiarato dall’ex 883 è sempre stato quello di riuscire a far passare qualche ora di serenità a chi uscisse di casa per andarlo a vedere, senza troppi clamori o proclami intellettualoidi alla Bono Vox e affini. «Quel tipo di comunicazione mi ha sempre spaventato. Quando ti trovi di fronte a decine di migliaia di persone che pendono dalle tue labbra devi stare molto attento a quello che dici, perché qualcuno potrebbe prenderti troppo sul serio. Anche quando il messaggio è positivo ci sono dei rischi. La figura di Bono negli ultimi anni ha perso molto del fascino che aveva proprio per questo motivo, perché in troppi credono ormai che i suoi messaggi nascondano qualche fine personale. Il caso di Jovanotti è differente, perché a un certo punto si è accorto della deriva cui poteva andare incontro e ha fatto un passo indietro prima di compromettersi. Per quanto mi riguarda – continua Max –  quando sono in tour mi interessa solo che la gente si diverta così tanto da tornare la volta successiva, quindi da questo punto di vista non posso che essere felice. È bello vedere nuove generazioni ai nostri concerti, gente che quando uscì Hanno Ucciso L’uomo Ragno nemmeno era nata. Ma è stupendo rivedere quelli che ai tempi avevano quindici anni». In effetti, una delle cose più sorprendenti della musica degli 883 è che ai tempi del loro debutto, molti di quelli che su un comodino della camera avevano un loro disco, sull’altro potevano averne uno dei Nirvana o dei Pearl Jam. «Questa cosa mi ha sempre fatto sorridere, ma allo stesso tempo affascinato tantissimo. E so per certo che è vera, poiché tante persone che ho conosciuto in questi anni mi hanno confessato l’inconfessabile!».

QUALCOSA DA SCOPRIRE
In un modo completamente diverso, anche la poetica di Pezzali andava a cogliere un disagio ben radicato in quella generazione. Un disagio che poteva attaccarsi alle urla strazianti e ai testi disperati degli eroi del grunge, così come alla realtà di periferia cantata da Max. Dietro a brani apparentemente innocui o leggeri si celava una malinconia che non veniva colta dai critici, ma che faceva breccia senza filtri negli adolescenti dell’epoca. «Quello fu un periodo storico molto particolare per il mondo e, di riflesso, anche per il nostro paese. Sentimenti contrastanti convivevano tra loro e contribuivano ad alimentare il disagio delle persone più fragili, in primis gli adolescenti. Da una parte c’era una grande fiducia nel domani, un’economia che sembrava florida e foriera di buone nuove per il futuro. Clinton diventò presidente degli Stati Uniti, in Inghilterra la sterlina volava. Dall’altra parte però c’erano sentimenti completamente opposti di persone che cercavano di capire chi fossero davvero. E qualcuno non ci riusciva». Sarà per questo motivo che, da qualche anno a questa parte, i trattati intorno al canzoniere di Pezzali si sprecano: da quando l’intellighenzia del nostro paese ha sdoganato la musica degli 883, in molti si sono messi ad analizzare testi che ai tempi vennero bollati come canzonette buone per un successo estivo e che ora vengono filtrate attraverso lo specchio della psicologia. Forse, più semplicemente, i pezzi degli 883 presentano due chiavi di lettura: una delle quali comprensibile solo una volta cresciuti.
«È sempre stato un vizio del nostro paese quello di bollare come spazzatura la musica leggera. Forse si tratta ancora di un retaggio legato agli anni Settanta e al cantautorato di quel periodo. Pensa cosa succedeva a De Gregori, solo per farti un esempio. Oggi nessuno si sognerebbe più di discuterne l’arte, ma ai tempi il clima era troppo al limite per poter giudicare serenamente qualcosa. Io credo che nella vita ci sia un momento per tutto, ma soprattutto sono convinto che anche una canzone che pare un puro divertissement può celare altro, può dare uno spunto per qualcosa da scoprire».

RIMBOCCARSI LE MANICHE
Non è peccato pensare che in molti giovani, nei primi anni Novanta, si siano avvicinati a gente come i Rolling Stones, il cui blues veniva passato dal locale nel Bronx di Hanno ucciso l’Uomo Ragno, o al Neil Young che passa la radio di Certe Notti. «Assolutamente no. Quello che magari quando hai dieci anni ripeti come un mantra, senza nemmeno sapere cosa voglia dire la parola Stones, può trasformarsi in un regalo quando ne hai diciotto. Ho imparato tanto dai ragazzi più grandi di me, ero onnivoro e quando scoprivo un nuovo gruppo correvo a comprarmi tutto quello che avevano inciso e volevo sapere tutto di loro. Oggi internet, nato come strumento di ricerca attiva e consapevole, ha paradossalmente portato alla scomparsa della curiosità». Forse proprio per questo Max, così legato alla cultura dell’America dell’Ovest, si augura un ritorno ai valori dei cowboy, come mostra chiaramente nel suo ultimo video: «Sì ma non a quelli che uccidevano gli indiani. Sono sempre stato dalla parte dei Nativi Americani, quindi non va frainteso il messaggio della canzone. Parlo dei cowboy come specchio di certi valori: penso al rimboccarsi le maniche nei momenti di difficoltà, al creare reti sociali in grado di sostenere chi non ce la fa con i propri mezzi e al recupero di virtù come la solidarietà e la comunanza d’intenti. Cose di cui avremmo bisogno in questo momento storico».

Pezzali e gli 883, un pezzo di vita

Ci sarà la scritta «tutto esaurito» ad accogliere  Max Pezzali lunedì prossimo, 10 febbraio, al Palatrento. Non ci sono più biglietti disponibili, infatti, per l’evento della «Showtime» che apre la stagione live 2014 a Trento nel segno dell’anima degli «883». Dai suoi primi tormentoni (da «Hanno ucciso l’Uomo Ragno» a «La regola dell’amico»), sono quasi trent’anni che Max Pezzali può vantare di essere uno degli artisti fra i più popolari in Italia, acclamato nei palazzetti sempre gremiti. Un ritorno in grande stile il suo, grazie anche al successo del suo cd,  «Max 20» , uno degli album più venduti dello scorso anno. Proprio da qui ha preso le mosse la nostra intervista con il cantante di Pavia.

Il suo ultimo disco «Max 20» è stato uno dei must discografici del 2013, si aspettava un tale successo?
«Francamente no e anche per questo l’ho accolto e lo sto vivendo come uno dei momenti più belli della mia carriera. È come se ci fosse stato un allineamento di pianeti a me favorevoli. Si sono create infatti le condizioni perfette perché il mio disco avesse tutto questo successo sia grazie ai duetti che ai brani inediti».

L’onda lunga di questo boom di vendite si è concretizzata anche nelle forme dei live tanto da spingerla a riproporsi on stage anche in questo 2014.
«Anche questo mi ha sorpreso. Dopo i concerti estivi e quelli autunnali con tutta quella gente ho pensato di andare avanti con questa avventura live.La cosa che più mi ha colpito è stato vedere come ci sia una parte nuova nel mio pubblico: parlo dei più giovani che vedo in prima fila cantare brani che sono usciti quando loro magari non erano ancora nati. Questo per me è stata davvero un’ emozione».

Quali forme avrà allora lo show che lunedì prossimo la vedrà protagonista a Trento?
«L’idea è quella di uno spettacolo in cui si racconta,  attraverso le canzoni, la storia degli “883” e poi il mio percorso da solista, intervallato da pezzi proposti in una versione dj style. Quindi nelle pause partono dei remix o mix degli “883” direttamente dalla consolle del dj. Il tutto con contributi video di cui sono molto orgoglioso».

Lei è sulla breccia del pop tricolore ormai da trent’anni, prima con gli 883 e poi come solista: qual è la chiave del suo successo?
«Se c’è un segreto è quello di essere sempre stato sincero in quello che facevo e sempre onesto con il pubblico. Non ho mai voluto dimostrare a nessuno di essere un fenomeno o di essere un cantautore “strafigo”. Io sono quello che sono, consapevole dei miei limiti e dei miei pregi. Credo che la gente abbia sempre apprezzato questo di me: l’essere una persona e un artista sincero e vero».

I maligni dicono però che lei faccia sempre la stessa canzone cambiando il testo: cosa replica?
«Non mi hanno mai spaventato le critiche e le malignità che si sono riversate su di me fin dai tempi degli “883”. Penso che chiunque abbia un’opinione, abbia oltremodo il diritto di esprimerla. Io ho sempre amato il pop e ho sempre provato a farlo alla mia maniera per raccontare quello che sono e il mondo che mi circonda. E sono contento che molti abbiano apprezzato la mia musica e continuino, a quanto pare, a farlo».

I prossimi trent’anni di Max Pezzali, come se li immagina?
«Spero di continuare a fare questo lavoro, così bello e divertente, senza magari trascinarmi sul palco in versione “dinosauro” come capita a molti. Mi immagino di avere una sorta di patto con il mio pubblico: io continuerò ad esibirmi finchè le mie canzoni rappresenteranno un pezzo della vita degli altri e non solo qualcosa di mio».

“Io donnaiolo? Ma se rimorchiavo di più in ambulanza…”

Max Pezzali visita Ticinonline alla vigilia del suo concerto ticinese e si racconta a 360 gradi: “Il tempo che passa non mi pesa. E quando non avrò più nulla da dire al pubblico, mi ritirerò”

Articolo di Patrick Mancini

LUGANO – Berretto nero in testa, zainetto in spalla, catena color oro che penzola dai jeans. Max Pezzali bussa alle porte della redazione di Ticinonline e si presenta così. Con l’umiltà e la spontaneità di chi, in 20 anni di carriera, non ha mai cambiato di una virgola il suo credo musicale e il suo approccio con la gente. Il concerto alla Resega di Lugano, in programma per il prossimo 14 febbraio, diventa il pretesto per una lunga chiacchierata. “Forse quest’anno mi vedrete più di una volta da queste parti – dice il cantante di Pavia –. Il Ticino è un luogo fantastico per andare in moto. E adesso che ho scoperto un posto strategico e discreto per parcheggiare la mia Harley a Lugano…”

Il nome del tuo tour, Max 20, rievoca 20 anni di successo praticamente continuo. Come si fa, concretamente, a restare sempre sulla breccia per così tanto tempo?   

Forse il pubblico mi vuole bene perché ha capito che sono consapevole dei miei limiti. Non ho mai voluto fare cose che non sono capace di fare. So cantare brani in un certo modo e non mi spingo oltre. Non cerco di essere il guru della situazione”.

Questo ai puristi non piace. Se da una parte sei sempre seguitissimo, c’è anche chi ti giudica frivolo e leggero. Quanto ti dà fastidio?

È giusto che chi vede la musica in modo diverso abbia la possibilità di esprimere la propria opinione. Sono però convinto di sapere quale sia il mio spazio e quale sia il mio ruolo”.

Ai tuoi concerti ci sono ragazzini che cantano a memoria canzoni uscite quando loro non erano nemmeno ancora nati.

Perché certi brani raccontano sentimenti che non mutano con il tempo. Dalla malinconia alla sensazione di dovere crescere”.

‘Hanno ucciso l’uomo ragno’, il brano che ti ha lanciato con gli 883, parla della spensieratezza adolescenziale che viene repressa. Tu oggi hai 46 anni. Ci pensi al tempo che passa?

Sì. Ma non mi pesa più di tanto. Alla fine in me prevale sempre la curiosità per quello che sta per succedere. Sono una persona proiettata verso il futuro”.

E allora parliamo del futuro. Come ti immagini tra altri 20 anni, o meglio ancora da anziano?

Fondamentalmente sempre appassionato di musica. Con la barba bianca, molto meno saggio di adesso. La moto ce l’avrò ancora. Magari quella con tre ruote, con una flebo attaccata”.

Il tuo concerto ticinese si tiene il giorno di San Valentino. Esiste, secondo te, l’amore vero?

Credo che l’amore sia dentro di noi. A volte non contano tanto le qualità del possibile partner, ma la nostra predisposizione a cogliere quel determinato sentimento. Spesso, invece, vogliamo trovare difetti nell’alta persona, l’essere umano tende a scaricare responsabilità sugli altri”.

Facciamo un’ipotesi: se Max Pezzali non fosse riuscito a diventare cantante, cosa avrebbe fatto?

Non sarei di certo riuscito a restare in un ufficio. Ho l’ansia di dovermi muovere. Forse avrei fatto qualcosa che mi permettesse di guidare. Magari il camionista”.

Un tuo celebre brano si intitola ‘Nessun Rimpianto’. Tu hai rimpianti`?

Sì. Ma sono anche convinto che certe scelte che facciamo sono inevitabili in quel preciso momento. Sono scettico nei confronti del ‘senno di poi’”.

Toglici una curiosità. Cosa fa Max Pezzali nella sua vita privata?

Cose sostanzialmente molto normali. Ovviamente giro in Harley. Quando sono a casa, a Pavia, spesso finisco nella mia concessionaria di moto. Mi piace parlare con i meccanici. Amo anche la vita sedentaria. Se sono a Roma, dove vive mio  figlio Hilo, di cinque anni, mi rilasso, gioco con lui”.

Sei anche tifoso dell’Inter…

Ma in questo periodo mi dà tristezza. Piuttosto mi guardo un film d’amore…”

Se ti dico Mauro Repetto, che immagine ti viene in mente?

Noi due in una cantina di Pavia, di sera, mentre buttiamo giù fiumi di idee per nuove canzoni”.

Erano gli anni degli 883. Gli anni in cui tu e Repetto avevate tutte le donne ai vostri piedi…

Ma è un falso mito. All’inizio il successo ci ha sorpresi. Eravamo dentro al nostro mondo e non ci siamo resi conto di cosa stava accadendo. Poi le ragazze hanno iniziato a correre dietro ai deejay. Rimorchiavo molto di più quando non ero cantante. Ad esempio quando facevo il volontario in ambulanza. La figura del soccorritore attirava. Si portavano a casa quantitativi enormi di ragazze”.

Il momento più bello della tua vita?

Me ne vengono in mente due. Il primo è stato al Forum di Assago, qualche mese fa. Quando sono salito sul palco, ho pensato che, dopo 20 anni, tutta quella gente era ancora lì per me. Mi sono commosso. Il secondo è stato a Firenze, quando mio figlio Hilo si è esibito con me al concerto di Capodanno. Gli hanno fatto suonare la batteria. È stato divertentissimo”.

E qual è stato il momento più brutto, invece?

Riguarda sempre Hilo. A marzo 2013 fa gli avevano diagnosticato una malattia strana. C’è stata una notte in cui ha rischiato di morire. Per la prima volta mi sono reso conto di essere impotente di fronte a certe circostanze della vita. Per fortuna poi Hilo si è ripreso e ora sta bene”.

C’è stato un momento, nella tua carriera, in cui hai pensato di gettare la spugna?

Non ancora. Però io sono contrario a quei cantanti che non riescono a immaginarsi giù dal palco. Questo lavoro va fatto finché l’artista ha qualcosa da comunicare. È una sorta di patto col pubblico. È sempre meglio ritirarsi da imbattuti, piuttosto che diventare patetici personaggi televisivi da terza serata”.

Parliamo dei giovani. Le nuove voci della musica italiana escono dai talent show. Qual è il tuo parere?

I talent vanno bene per identificare un certo tipo di cantante: il talento vocale, dell’interprete, del personaggio sul palcoscenico. Il problema è che quello che ha cambiato la musica, dal dopoguerra a oggi, non è stato solo il talento degli interpreti. È stato un insieme di cose, un vissuto. Preferirei che alcuni fossero meno bravi a cantare, ma più sporchi di vita”.

La scorsa estate hai condotto il programma Nord Sud Ovest Est su Italia Uno. La televisione per te può essere un’alternativa professionale?

No, perché io la televisione la guardo poco. La tivù in quanto tale, istituzionale, la sento come un mezzo vecchio. Per fortuna che adesso ci sono le reti tematiche”.

Torniamo al Ticino. Tra dieci giorni ci rivedremo.

Il Ticino è un posto divertente. È vicino a Pavia e quando inizia la bella stagione ci vengo volentieri”.

Dopo il tuo concerto alla Resega di Lugano, i tuoi fan avranno la possibilità di trascorrere del tempo con te al padiglione Conza…

Mi è stata proposta questa cosa e la apprezzo. È bello scambiare qualche battuta con il pubblico, si conoscono un sacco di persone e spuntano sempre bei ricordi”.

Il pubblico ti conosce come un grande sognatore. C’è un sogno che vorresti realizzare?

Il ‘coast to coast’ in moto, negli Stati Uniti”.

Ancora la moto…

Per me la moto è una sorta di antidepressivo naturale e influisce molto sul mio umore. Uno dei grandi vantaggi che la moto ti concede è legato al fatto che quando sei in sella puoi fare solo quello. Non puoi, ad esempio, rispondere al telefono, devi stare concentrato. Sei obbligato a lasciare i problemi al di fuori di te”.

Già, i problemi. A volte, nonostante le apparenze, Max Pezzali sembra una persona tormentata…

Sono uno predisposto all’eccessiva analisi. Per fortuna, però, ho anche il dono dell’ironia, che mi fa tornare alla realtà. Un bel ‘vaffa’ ai problemi, a volte, è un toccasana”.

L’album dei record è di Max Pezzali: un nuovo traguardo per Max 20

Tour da record e album da record per Max Pezzali. Che stia cercando  di portare via lo scettro a Re Marco Mengoni? Il nuovo traguardo di cui vi parliamo oggi è l’ottimo piazzamento in classifica della raccolta di successi Max 20, che celebra i primi 20 anni di carriera del cantante.

Nella giornata di ieri, sabato 25 gennaio 2014, la raccolta pubblicata da Max Pezzali era al terzo posto della classifica degli album più scaricati da iTunes, alle spalle di Mika con Songbook vol. 1 e il nuovo disco di Bruce Springsteen “High Hopes”.
Niente di così eclatante se il risultato fosse giunto diversi mesi fa, ma oggi il posizionamento assume le caratteristiche di un vero e proprio record!

Max 20 è infatti stato pubblicato nell’ormai lontano mese di giugno 2013 e ha all’attivo oltre 6 mesi di permanenza in classifica. Essere sul podio, per di più con una raccolta di successi, non con un nuovo disco di inediti, a sei mesi dalla data del rilascio del CD in Italia è cosa da segnalare.
Se è vero che la medaglia di bronzo del cantante non si può paragonarla a quella d’oro dell’esilarante e scoppiettante Mika è altrettanto vero che il periodo di permanenza in classifica e le date di uscita delle raccolte differiscono di parecchi mesi e il terzo posto di Max Pezzali non ha nulla da invidiare agli artisti più amati del panorama musicale italiano ed internazionale.
Inoltre la raccolta Max 20 nella giornata di ieri era anche l’album italiano più acquistato in assoluto su iTunes, alle spalle di 2 album internazionali.

Max pezzali record su iTunes

Il secondo album italiano più venduto del giorno, dietro Max Pezzali, al quarto posto della classifica degli album più acquistati in digitale, è stato invece il nuovo disco di Giorgia, “Senza Paura”.

Max Pezzali Ospite A RadioItaliaLive (6^ Stagione) tutte le foto della serata

Max Pezzali è il protagonista della tredicesima puntata di RadioItaliaLive. Dopo aver raccontato a Daniele Bossari aneddoti e progetti per il futuro, Max sale sul palco esibendosi in una performance che racchiude nuovi brani e grandi successi del passato. In scaletta: “L’universo Tranne Noi”, “Lo Strano Percorso”, “Rotta Per Casa Di Dio”, “Gli Anni”, “Come Mai”, “Sei Un Mito”, “Sei Fantastica”, “Hanno Ucciso L’uomo Ragno”, “Nessun Rimpianto”, “La Dura Legge Del Gol”, “Con Un Deca”, “Tieni Il Tempo”.

Max Pezzali protagonista di Radio Italia Live: come seguirlo su radio, tv e web


Max Pezzali è il protagonista della nuova puntata di Radio Italia Live, il talk show musicale in onda in multipiattaforma sugli spazi radio, tv e web di Radio Italia: il tredicesimo appuntamento di questa nuova edizione del programma, in onda venerdì 24 gennaio alle 22, ospita il cantautore pavese reduce dal successo dell’album Max 20.

La raccolta di grandi hit di Max Pezzali, uscita nel 2013 per festeggiare il ventennale di carriera dell’artista, si è attestata tra gli album più venduti dello scorso anno: dal disco sono stati estratti tre inediti, L’universo tranne noi, Ragazzo inadeguato e il singolo attualmente in rotazione radiofonica I cowboy non mollano mai, che è anche il titolo del libro autobiografico di Max Pezzali pubblicato lo scorso anno.

A Radio Italia Live Max Pezzali si racconta tra aneddoti personali e progetti per il futuro. La parte talk, con l’intervista condotta da Daniele Bossari, si alterna come di consueto allo show con diversi brani in scaletta: si va dagli inediti di Max 20 ai successi storici di Pezzali e degli 883 come Lo Strano Percorso, Gli Anni, Come Mai, Sei Un Mito, Hanno Ucciso L’uomo Ragno, Nessun Rimpianto, La Dura Legge Del Gol, Con Un Deca, Tieni Il Tempo.

Brani che hanno fatto la storia del pop italiano e che Max Pezzali ha portato sul palco nei palazzetti italiani con lo spettacolare Max 20 Live Tour lo scorso anno, un successo enorme connotato da diversi sold out (nuove date sono previste a partire da febbraio 2014).

Per seguire la puntata di Radio Italia Live dedicata a Max Pezzali è possibile collegarsi in radio sulle frequenze di Radio Italia, su Radio Italia Tv al canale 70 del digitale terrestre e online in streaming video, sul sito radioitalia.it. Per coloro che non possono seguire la messa in onda di venerdì 24 gennaio alle 22, ci sarà una replica domenica 9 febbraio alle 21 su Radio Italia Tv.